Il fascino delle atmosfere celtiche

Il fascino delle atmosfere celtiche, della loro civiltà schietta e coraggiosa, delle loro tradizioni tramandate oralmente, delle figure particolari che emergevano in questo ambito, viene riscoperto, anzi, stimola un nuovo interesse dalla metà del XVIII secolo.

In ambito letterario questo fascino contagia scrittori come l’inglese Thomas Gray, lo scozzese James Macpherson, gli italiani Pindemonte, Cesarotti e Vincenzo Monti, tutti autori di grande spessore.

Oggi però ci soffermiamo sull’influenza che l’argomento ebbe sulla cosiddetta musica colta.
Parliamo di “Norma”, tragedia lirica in due atti, una delle opere fondamentali del melodramma italiano dell’Ottocento.

L’opera è del compositore Vincenzo Bellini (1801-1835) tra i più celebri operisti dell’ottocento, su libretto di Felice Romani (1788-1865).
Norma andò in scena per la prima volta alla Scala di Milano il 26 dicembre 1831.
La protagonista è una sacerdotessa gallica, Norma, figlia ribelle del capo dei druidi Oroverso.
“La storia racconta di due sacrileghe trame d’amore fra due vergini sacerdotesse del dio Irminsul e un proconsole romano, Pollione che, dopo aver dato due figli alla sacerdotessa Norma, seduce la giovane Adlagisa e trama per portarsela a Roma contro la sua volontà”(cit.)
Quando scopre che l’amato vuole lasciarla Norma decide di sacrificare i due figli.
Ma l’amore materno vince sempre!
Norma, dopo aver ammesso pubblicamente il suo sentimento, confessa al popolo di aver infranto il voto di castità e affida i figli al padre prima di buttarsi in un rogo.
Il suo coraggio colpisce Pollione che capisce di amarla e si butta con lei tra le fiamme.

Questa storia è basata sui tipici stereotipi “celtici”, i druidi, il vischio, le querce, le sacerdotesse… . Il celtismo ottocentesco, però, riportava anche grosse incongruenze storiche sulle quali non mi soffermo, ma doveva compiacere il pubblico dell’epoca, infatti l’opera venne seriamente apprezzato da questo grande pubblico.

L’aria più famosa è senza ombra di dubbio “Casta Diva”.
Siamo all’inizio della storia, Norma falcia il vischio, le sacerdotesse lo raccolgono in canestri di vimini.
Norma stende le braccia al cielo e si rivolge alla luna che risplende in tutta la sua luce: “diva” è un modo classico per dire “dea” e “casta” significa “vergine”.
Quest’aria è una preghiera. La protagonista cerca di placare gli animi dei Galli pronti a ribellarsi ai romani, nel canto narra che, come veggente, ha visto scritto in cielo la caduta di Roma e che quindi non era il momento per i Galli di ribellarsi.

Riporto qui un video dove la grandissima Maria Callas interpreta quest’aria.


“Casta Diva” è inoltre la pagina musicale più famosa composta da Bellini.
Si dice che il compositore francese Halévy dichiarò che avrebbe barattato tutta la sua musica in cambio di quest’aria meravigliosa.

Un’altra piccola curiosità a riguardo che forse qualcuno di voi ancora ricorda.
Nelle vecchie banconote da 5000 lire c’è l’illustrazione di Bellini e sul retro, l’aria Casta Diva dove, con la sacerdotessa Norma, si vedono le querce la luna e un tempio.

Un’ultima curiosità prima di concludere riguarda invece uno degli album del cantautore Franco Battiato, “Gommalacca”.
In quest’album è presente un brano dedicato a Maria Callas intitolato proprio “Casta Diva” e inizia con la musica dell’aria di Bellini.