Arthuan Rebis – L’intervista

Domenica, presso la Fiera Nazionale della piccola e media Editoria, “Più libri, Più liberi”, abbiamo avuto il piacere di conoscere Arthuan Rebis! Ecco a voi l’intervista, con tante curiosità!

Ciao Arthuan! Innanzitutto benvenuto sul nostro portale. 

Grazie Pamela!

In questi giorni è uscito il tuo nuovo singolo, in collaborazione con Warg, “Runes in the snow”, ed a maggio è uscito il tuo Album “Canti di Helughèa” insieme al Romanzo “Helughèa. Il Racconto di una Stella Foglia”! Cosa ci vuoi raccontare di questi tuoi ultimissimi progetti? Come nasce il Romanzo?

Runes in the snow” è nato da una telefonata con Edoardo Alessio (in arte Warg). Stavamo parlando del mio libro, che aveva appena letto; e tra un discorso e l’altro è saltata fuori l’idea di fare qualcosa insieme. Dopo poche ore aveva già buttato giù le parti melodiche dei whistles e il giro armonico di chitarra. Appena ho ascoltato la bozza del brano ci ho sentito uno “scenario” perfetto per inserire un testo “malinconico/motivazionale”. Così assieme alle parole ho pensato a una linea vocale. Poi ho aggiunto degli arrangiamenti di arpa e nyckelharpa. Il risultato è una sorta di Pagan Lullaby, laddove per pagano si intende un difensore della natura e della sua armonia. Le Rune sono simboli primordiali, geometrie essenziali e archetipiche che parlano di leggi naturali; sono davvero prossime al simbolo, giacché il simbolo si nasconde nel momento in cui se ne parla. 

In alcune zone ibride tra Francia e Germania erano usate anche da tribù celtiche. 

Credo che il brano piaccia specialmente a quelle anime che si lasciano omeopaticamente cullare da certe vibrazioni nostalgiche e nebbiose.

È stato tutto molto spontaneo. Abbiamo girato il videoclip; neve e sole ci hanno aiutato; la foresta è stata dalla nostra parte. La videomaker Maddalena Andreoli ha fatto la differenza: bravissima.

Il Romanzo “Helughèa – Il Racconto di una Stella Foglia” è tutt’uno con il mio ultimo album. I nove brani musicali sono infatti inseriti all’interno del libro, dove sono cantati dai vari personaggi. Queste canzoni hanno un ruolo profetico, simbolico e drammaturgico: sono amplificatori di livelli semantici ed emotivi.

La vicenda mi è “arrivata” in un sogno, non è stato il classico sogno lucido; bensì una sorta di download. Quando mi sono svegliato in quella notte dell’8 gennaio 2021 ho scritto in maniera automatica gran parte delle linee essenziali di tutta la vicenda. Semplicemente la conoscevo. 

Il lavoro di un artista, come sosteneva Fellini, sta – in un secondo momento – nel mestiere del dare giusta forma, perciò egli fa ciò che può, non ciò che vuole; ma prima di tutto questo certi “ricercatori” si mettono in ascolto, sono in connessione con una sorta di galassia che gli comunica cose mentre i confini del sé si dissolvono.

Così il libro si è fatto scrivere come voleva, io mi sono messo al servizio perché me ne sono innamorato per primo.

È stato definito un fantasy eco-spirituale, ed avvicina molti tratti del fantastico occidentale alle filosofie orientali. È stato pubblicato da Eterea Edizioni, specializzata in Tolkien ed altri autori classici. Sono onorato di essere accostato a certi nomi, essendo il mio l’unico testo contemporaneo che l’editore ha selezionato. La madrina della pubblicazione (e della divulgazione) è Cecilia Barella, grande esperta del settore, generosa e appassionata professionista. 

Vi riassumo la vicenda:

Un velo invisibile separa il regno degli Umani, Ghèa, da quello degli Heludin, Helu. Sei sono le vie di accesso vigilate dagli Alberi della Soglia, Baudril, ma solo una creatura può condurre qualcuno dall’altra parte, quando una musica la tocca nel profondo. Mentre gli uomini combattono due Guerre Mondiali e la loro Terra si ammala, anche gli Heludin fronteggiano una crisi politica, ecologica e spirituale. La minaccia che contamina la purissima oscurità del loro Sottomondo mette a rischio l’esistenza di entrambe le dimensioni. Il viaggio di Carlo – entrato accidentalmente nel Regno di Helu – lo porterà a scoprire le vicende di alcuni personaggi storici e soprattutto a conoscere il grande amore e le sue trasformazioni alchemiche. 

Curiosando tra i tuoi diversi progetti, non può non saltare all’occhio che tutti fanno parte della macro famiglia derivante dal genere, passami il termine, “celtico”. Come è nato questo tuo amore per questo genere musicale? Vorresti consigliare due brani che ti hanno maggiormente ispirato nel tuo percorso?

A 14 anni presi un treno e andai a Viareggio. Acquistai dei dischi. Uno era di Nick Cave & the Bad Seeds e l’altro dei Dead Can Dance: “Aion”. Ricordo il momento esatto in cui misi in play quest’ultimo. Mi si aprì un mondo di suoni e canti ancestrali. Celtico sì o celtico no poco importa. Se per musica celtica si intende solamente la musica “tradizionale” scozzese e irlandese degli ultimi secoli allora io non sono molto “celtico”; probabilmente sono più vicino alla musica bretone. La cultura celtica i bretoni se la sono ricucita addosso piuttosto liberamente con sentimento di sana integrazione.

La mia tecnica arpistica è figlia di quella più antica, che prevede le unghie lunghe, e molte volte mi sono ispirato liberamente alle fonti della cultura bardica, alle suggestioni della letteratura gallese, ai miti celtici tramandati. Suono quasi esclusivamente composizioni mie. La cultura bardica non prevede una dogmatizzazione; tutto è in movimento e la tradizione va digerita, vissuta e rimessa in vita attraverso l’esperienza, proprio come il chicco ingerito da Kerridwen. Questo secondo me è molto celtico. 

Alan Stivell inoltre ha sempre dimostrato apertura mentale; ha suggerito un sogno aperto, un sentimento gentile, profondo ma leggero, che è la celtitudine; vero minimo comune denominatore di questa cultura.

Certamente “Ys” di Alan Stivell è un brano monolitico. 

Quali saranno i tuoi prossimi impegni o progetti? Hai concerti all’orizzonte?

Quest’anno ho suonato parecchio, sia da solista che con Arthuan Rebis Duo (l’ultimo live al Lucca Comics con Myrkur), che con IN VINO VERITAS. Presto pubblicherò alcuni singoli, sia da solo che con il gruppo IVV. 

Sto lavorando a un album insieme a Paul Roland, di cui mi innamorai da ragazzino quando ascoltai “A Cabinet of Curiosities”. È già stato mio ospite nel brano “A Song beyond the Veil”.

Riguardo i prossimi concerti: al momento ne ho inseriti solo alcuni nel mio sito, ma lo aggiornerò presto con nuove conferme!

Ho visto che suoni diversi strumenti, vuoi raccontare come ti sei avvicinato ad ognuno di essi?

Nasco come chitarrista, poi da ragazzino mi espando alle tastiere e mi arrangio con le percussioni. In seguito, parallelamente agli studi accademici, inizio a studiare il bouzouki, la cornamusa, l’esraj e i flauti. Infine approdo a quelli che sono gli strumenti che uso maggiormente: arpa celtica e nyckelharpa. 

Per quanto riguarda la Nyckelharpa: tanti anni fa fui folgorato da un concerto dei Poeta Magica, straordinaria band tedesca, con cui nel tempo sono nate amicizia e collaborazioni.

C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori? Dove possono seguirti? 

www.arthuanrebis.com 

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Ringrazio tutti i lettori che hanno letto fin qui! In particolare quelli che ascolteranno le musiche e leggeranno il libro. 
I migliori auspici di pace e consapevolezza li auguro a tutti indistintamente!

Approfitto per ricordare a tutti che potete trovarlo anche sul nostro portale!
Grazie per il tuo tempo, ci vediamo presto!