La figura del bardo da sempre desta una certa curiosità ed è rimasta intrappolata nei secoli in un alone di mistero.
Il suo ruolo è stato fondamentale nella musica celtica.
Spero con le mie parole di riuscire in parte a soddisfare qualche dubbio a riguardo.
Gli storici sono risaliti al nome e alla professione di “Bardo” da “BARDUS”, quinto re di Britannia (sud dell’isola Irlandese) che iniziò il suo regno nell’anno mundi 2082 (ca. 1679 a.C.).
Pare che Bardus regnò sui Celti e fosse famoso per l’invenzione della poesia e della musica, ma altre fonti asseriscono invece che Bardus non fosse stato il primo a coltivare le arti in quest’isola e che Belgored, re di Britannia, morto nell’anno mundi 2069 (ca.1692 a. C.) fosse chiamato “il dio dell’armonia” per le sue straordinarie doti nella musica cantata e strumentale.
Detto questo andiamo ad approfondire il concetto che il termine “Bardo” acclude.
Presso i popoli celtici i Bardi erano poeti – cantori che, accompagnandosi con l’arpa, cantavano avvenimenti storici o leggendari, inni religiosi, genealogie.

Parlando di Bardi non possiamo tralasciare la figura del druido, il sacerdote degli antichi popoli celtici che al tempo di Cesare costituiva una delle principali classi della società.
Si distinguevano in druidi propriamente detti, vati o indovini e Bardi, quindi i Bardi erano originariamente una parte costituzionale della gerarchia dei druidi.
Per diventare Bardo druido bisognava fare un noviziato di venti anni ed imparare un immenso numero di versi nei quali erano preservati i principi della loro politica civile e religiosa. Nonostante l’uso delle lettere fosse a loro familiare non hanno mai destinato i loro versi alla forma scritta, in quanto il loro obiettivo era quello di rafforzare le loro facoltà intellettive e di mantenere la loro “misteriosa” conoscenza al di fuori della portata dei volgari.
Cesare dichiara nel “De Bello Gallico” che nella musica dei Celti si riconoscevano la supremazia e l’onnipotenza degli dei, e che riscontrava una notevole uniformità nei costumi delle nazioni celtiche. Era usanza, quando marciavano in battaglia, incitare gli animi con versi profetici cantati sul loro successo chiamati “Barditus”; era compito onorevole dei Bardi di Britannia cantare suonando l’arpa alle cerimonie nuziali e funerarie, ai giochi, in testa alle armate e questo intrattenimento colpiva profondamente i giovani guerrieri esortandoli all’eroismo.
Sappiamo quindi che erano tenuti in grandissima considerazione ed erano venerati a tal punto che quando due armate, preparate per la battaglia, anche se avevano scoccato frecce ed estratto spade, all’arrivo e all’interposizione dei Bardi si fermavano immediatamente.
Diodorus Siculus affermava che “…tra i Celti ci sono compositori di melodie chiamati Bardi che cantavano panegirici e versi di invettiva suonando strumenti come la lira…”
Quando i druidi vennero cacciati dalle legioni romane, si rifugiarono nell’Isola di Mann ecco perché si suppone che la teoria della musica britannica si sia spostata in Irlanda.
Una volta persa la connotazione sacra derivante dalla figura dei druidi, i Bardi iniziarono ad apparire nelle corti dei re e la loro musica e poesia risentì dell’influenza di quei tempi. Le loro composizioni, che una volta erano dedicate alla preghiera degli dei e all’elogio della pace, ora contenevano argomenti per elogiare i loro mecenati.
Il Bardo di corte rivestiva un ruolo ufficialmente riconosciuto e alla sua nomina riceveva dal principe in dono un’arpa. Chiaramente i Bardi di corte avevano un compito e una connotazione assai diversi.
Per concludere riporto un frammento di Posidonius (filosofo, storico e geografo dell’antica Grecia ,135 -50 a.C) a riconferma di ciò di cui abbiamo parlato: “Bardia fortia virorum facta eroici composita versibus cum dulcibus lyrae modulis cantitarunt”: “I bardi cantarono ripetutamente le gesta coraggiose degli uomini illustri accompagnandole con i dolci ritmi della lira”.